Fin da quando ero bambino, nella mia testa settembre è stato colorato di tinte fosche. Il rientro a scuola, le giornate che si accorciavano, le temperature che calavano (per una lucertola come me è un dramma!), mi creavano una gamma di brutte emozioni che andavano dall’apprensione alla malinconia: si presentavano già dalla fine di agosto e nemmeno la bellezza dell’autunno riusciva a mitigarle!
Crescendo, mi sono accorto che tante altre persone soffrono del “mal di fine estate” e che le sue cause non sono esclusivamente meteorologiche. Questo sgradevole stato d’animo è dovuto principalmente al ritorno alla routine, gravido di aspettative (anche non nostre, ma delle quali siamo vittime) e di propositi autoimposti, che causano in noi inadeguatezza e stress già al rientro dalle vacanze.
Il ritorno dalle ferie, infatti, è vissuto spesso come un nuovo inizio, una sorta di rigenerazione, un’occasione propizia per fare il punto della propria situazione, stilare una lista di propositi più o meno attuabili per migliorare la propria vita e, di conseguenza, provare a metterli in atto (io, da pigrone incallito, vorrei gridare al mondo “lasciatemi in ferie, non sono pronto!”, ma poi cado a mia volta nella trappola della lista: vi confesso, in modo da impegnarmi pubblicamente, che il primo proposito di quest’anno è il ritorno in palestra, a un anno e mezzo dall’abbandono delle scene).
Ma poi, cosa succede alle nostre belle liste? Quello che già sapete: ci impegniamo più o meno fino a fine settembre, dopodichè la vita quotidiana ha la meglio e i buoni propositi vengono dimenticati, messi da parte, cadendo in un inesorabile quanto involontario oblìo; ce ne ricorderemo, con sommo senso di colpa, fra l’8 e il 23 dicembre; e quindi posporremo la loro effettiva applicazione a partire dal 6 gennaio dell’anno che verrà.
Ti ci ritrovi?
Da vittima di questa sindrome, ecco 3 consigli per non perdere per strada i tuoi buoni propositi:
- Non chiamarli propositi. Perché il proposito è qualcosa di vago, di immaginifico, e la nostra mente non gli dà un gran peso. Perché non li chiami obiettivi? L’obiettivo è qualcosa di concreto, che presuppone il tuo impegno per essere raggiunto. Se gli dai questo nome, la tua mente lo peserà in modo differente.
- Definisci l’obiettivo in modo preciso. Non è sufficiente dirsi “Imparo una lingua” o “Voglio leggere di più”. Quantifica il tempo che intendi dedicare a queste attività, e definisci quali intervalli nella tua giornata vuoi riservare loro. Se sono attività extralavorative, come quelle dell’esempio, domandati se sono conciliabili con il tuo lavoro e con il tempo da dedicare ai tuoi cari; ti renderai conto quindi dell’attuabilità dei tuoi obiettivi.
- Prendi degli appuntamenti con te stesso. Una volta che hai precisato gli obiettivi e hai capito se sono attuabili, impegnati a perseguirli. Il modo più semplice è calendarizzarli: se trovi il tuo obiettivo fissato in agenda, o sul calendario del telefono, con un tempo prestabilito da dedicarci, sarà più facile concentrarti su di esso e non finire a ripetere “lo farò domani”, “lo farò la prossima settimana”, e così via. Si sfrutta anche un po’ il senso di colpa prodotto dalla nostra mente; ma che male c’è ad usare qualche trucchetto?
Anche tu soffri il ritorno alla routine? E come gestisci i buoni propositi di settembre?
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